Genova Moai Body Piercing. Storia Piercing: Età vittoriana

La pratica del piercing ha comunque origini antiche, sicuramente preistoriche. Lo scopo principale era quello di distinguere i ruoli assunti dei vari membri all’interno della tribù, allo scopo di regolare i rapporti tra i vari individui sia nel quotidiano che durante le cerimonie, rendendo palese tutta una serie di informazioni sull’individuo e al suo rapporto con il gruppo di appartenenza.[senza fonte] Corpi mummificati presentano piercing di varia natura. La perforazione delle orecchie, ad esempio, è molto comune nelle culture tribali fino al giorno d’oggi. La più antica mummia umana mai scoperta finora, ovvero la mummia del Similaun, ritrovata nel 1991 nel ghiacciaio di Similaun sulle Alpi Venoste, soprannominata Ötzi, oltre a numerosi tatuaggi, aveva un foro all’orecchio di 7,11 mm di diametro

La perforazione della narice è comune tra le tribù nomadi del Medio Oriente fin dall’antichità, oltre che tra le donne dell’area himalayana del Nord dell’India, del Nepal, del Tibet e del Bhutan.[senza fonte] Nel Borneo la perforazione delle orecchie viene fatta ai ragazzi come rito di passaggio

Presso i Daiachi del Borneo, sono in uso alcune forme di piercing genitali in entrambi i sessi.[6] In particolare i maschi perforano il glande inserendo trasversalmente una barretta, che prende il nome di ampallang,[6] mentre le donne sono solite perforare invece le grandi e le piccole labbra, mentre la clitoride viene perforata verticalmente assieme al cappuccio della clitoride, inserendo nel foro un piccolo anello d’oro, in seguito talvolta sostituito con un gioiello a forma di fuso.

Nelle Filippine era in uso il “bastone del pene” e viene descritto fin dal 1590 nel Codice Boxer.[7] Probabilmente si tratta dello stesso ornamento in uso nel Borneo, presso i Daiachi con il nome di ampallang.

Così come la dilatazione dei lobi delle orecchie, anche il piercing al labbro ha origine nelle culture tribali dell’Africa e dell’America. La perforazione del labbro nelle culture tribali africane è un’esclusiva femminile e il significato della pratica cambia da tribù a tribù. Ad esempio presso la tribù Dogon del Mali un anello al labbro viene portato per questioni spirituali; nella tribù Saras-Djinjas del Ciad il labbro della donna viene forato con il matrimonio, così da rappresentare un simbolo di assoggettamento al marito[8]. Infine presso la tribù Makololo del Malawi il labbro delle donne viene perforato per un puro motivo estetico: pochi uomini Makololo andrebbero con una donna che non porta tale tipo di ornamento, considerandola innaturale.

Presso molte tribù di nativi americani la perforazione del setto nasale è un marchio dello status maschile. Ad esempio a questa usanza deve il proprio nome la tribù dei Nez Percé (letteralmente “Nasi Forati”).[senza fonte] La pratica è comune al giorno d’oggi anche presso gli indiani Cuna dell’isola di Panama.[senza fonte] Uomini e donne Marubo, nel Brasile occidentale, hanno in uso la perforazione del setto nasale, facendovi passare attraverso alcune fila di perline, ciò è considerato un mezzo per entrare in sintonia con la natura che li circonda.[9] Gli uomini Karankawa, una popolazione di nativi americani estinta che abitava il golfo del Messico, in Texas, usavano dipingersi il corpo, tatuarsi e perforare il labbro inferiore e i capezzoli con piccoli pezzi di canna.

Nelle civiltà precolombiane, la perforazione del labbro era considerato uno status symbol e solamente gli uomini di alto rango potevano indossarlo. Nel Sud America tale tipo di piercing viene chiamato Tembetá. Presso gli Yanomamö si usa perforare il labbro inferiore, inserendovi dei bastoncini. Ciò permette ai giovani innamorati di scambiarsi messaggi erotici velati.

Gli aborigeni australiani perforano il setto nasale con un lungo stecchetto così da appiattire il naso.[senza fonte] La tribù Bundi di Papua Nuova Guinea perfora il setto del naso come rito di passaggio all’età adulta da parte dei maschi.[senza fonte] Le donne dell’isola di Truk, oggi Chuuk, in Micronesia, erano solite perforarsi le piccole labbra per inserirvi oggetti che tintinnavano al loro cammino.

Talune altre fonti sono ritenute controverse e talvolta giudicate non del tutto attendibili, in particolare quelle che fanno riferimento al piercing del capezzolo femminile nel medioevo e in età barocca e presso le culture tribali del Nordafrica o delle isole del Mediterraneo. Tali fonti non presentano fonti primarie, ma solamente fonti secondarie, che non chiariscono quale sia l’origine di queste informazioni. Tra esse vi figurano testi apparsi fin dai primi anni del Novecento per cura di studiosi, principalmente sessuologi, quali ad esempio E. Neumann, Iwan Bloch, Eduard Fuchs, Friedrich Salomo Krauss, Rustam J. Mehta, Stephen Kern, Hans Peter Duerr, che in nessun caso forniscono le fonti primarie delle loro affermazioni, ma si rifanno a fonti a loro vicine o poco chiare.

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